I wanna be THIN.
I wanna be HAPPY.
I wanna be EVERYTHING.
But I am NOTHING.
"If you close the door

The night could last forever.

Keep the sunshine out

And say hello to never

All the people are dancing

And they're having such fun

I wish it could happen to me

But if you close the door

I'd never have to see the day again."

lunedì 28 novembre 2011

~178. Hysteria.

Sono una pazza isterica. Rendiamocene conto.
Gli avvenimenti degli ultimi giorni?
Oh, benissimo, cominciamo!
- Giovedì dalla dottoressa non ho fatto altro che leggere il mio adorato libro, senza cagarla di striscio. Cos'è..una ribellione? No. Non lo so, so solo che temo che se mi guardasse in faccia vi leggerebbe tutto il terrore, la rabbia e il dolore che mi tengo dentro.
- Sempre giovedì, mi sono tagliata. Vai Laura! Proprio in quel punto descritto nell'ultimo post, sul polso destro sotto quei braccialetti che non tolgo mai. Amen. E' stato un sollievo. Uscire dalla classe con le forbici nascoste nella scarpa, chiudermi nel bagno in preda all'angoscia, fare spazio tra i braccialetti e premerci sopra la lama spingendola giù, finchè non è uscito il sangue. Non troppo perché poi non avrei saputo come fare a tornare in classe senza sporcarmi. Ma abbastanza. Almeno per qualche ora. E poi? Poi tutto dall'inizio. Back to square one. Si torna alla prima casella.
- Dato che i guai se sono troppo pochi si sentono soli, e chiamano compagnia, sabato avevo una festa. Oh, ci sono andata. Di malavoglia, ma sono andata. E ho anche mangiato, oh sì. Poi però ho vomitato. Tutto nel cesso. Il cesso di casa di G. ed io ormai siamo molto amici. Per tutte le volte che abbiamo avuto incontri ravvicinati...
- Non contenta, domenica i miei sono andati fuori a pranzo. Io mi sono scofanata qualcosa come 150 grammi di pasta al tonno, dopodiché ho vomitato. Di nuovo. Mi faccio uno schifo impressionante.

Oggi poi, oggi sento un bisogno di mangiare che è qualcosa di impressionante. Non ho fame. Ho bisogno di riempirmi lo stomaco, un bisogno pazzo!
E sono in uno stato ansioso-nervoso tremendo, mi sento costantemente come se avessi un attacco di panico: difficoltà a respirare, freddo al termine degli arti, gambe e braccia che tremano, mi gira la testa. Ma com'è possibile che non passa? Sto così da tre ore almeno.

Scrivo ancora, ogni giorno, perché la carta è l'unica a poter conoscere i miei segreti.

Pensiero dissolve pensiero
Ed ognuno è peggiore del precedente.
Si susseguono come colpi 
La cui forza è sempre maggiore.
Tra l'uno e l'altro perdo ogni occasione di respiro.
Potrei urlare
Di dolore e di rabbia.
Potrei morire
Di dolore e di rabbia.
Ma fuori controllo è la mia mente
Senza freni
Come un treno impazzito verso un burrone
Mi trascina sull'orlo di un baratro
E non posso fermarmi.

Mi sembra di vorticare senza controllo giù per un tunnel, come Alice nel Paese delle Meraviglie. Ma cosa c'è al termine del mio tunnel, se non una brutta fine?

L.

giovedì 24 novembre 2011

~177. Closing walls and ticking clocks.

Oggi mi sono chiusa nel bagno della scuola e ho dato di matto con le unghie. Evviva! Mi fa male il polso destro e il fianco destro. Ma non ce la facevo più. Non ce la faccio più. Ho un disperato e matto  bisogno di sangue e dolore serio, potente, acuto e lancinante. E invece NO, perché mio padre è costantemente a casa perché ha il piede rotto, a scuola non ho modi per medicarmi per bene e non sia mai riprendesse a sanguinare e mi sporcassi, cosa potrei mai dire?, e soprattutto non ho luoghi nascosti che i miei non vedano entrando in bagno all'improvviso mentre mi faccio la doccia -come fanno ogni sacrosanta volta tirando fuori scuse come "mi serviva la pinzetta delle sopracciglia" o "ah, credevo di aver lasciato qui la mia vestaglia", come se io non capissi che entrano per controllare me. Anche se ultimamente lo sguardo mi cade spesso sul polso destro, coperto di braccialetti che non levo mai. Potrei farlo lì, ma devo comunque aspettare che mio padre si decida a tornare a lavoro. Altrimenti non posso chiudermi in bagno, dato che dal tentato suicidio del 2010 non ho il permesso di chiudere le porte. Neanche per dormire. Ma chi me l'ha fatto fare di non tagliare in verticale così che non potessero ricucire? Idiota. Non lo sapevo. Eppure non credo di voler morire. E' che vivere fa troppo male per continuare a farlo. Ho letto questa citazione di non-ricordo-chi:

"There's a big difference between wanting to die and not wanting to live. When you want to die, at least you have a goal. When you don't want to live, you're really just empty."

"C'è una gran differenza tra voler morire e non voler vivere. Quando vuoi morire, almeno hai un obiettivo. Quando non vuoi vivere, sei vuoto e basta."

Ah, ieri nutrizionista: 300 miseri grammi in meno, ma dopotutto martedì pomeriggio avevo dato di matto con nutella e cornettini, qualcosa come cinque di fila riempiti di quella grassissima, odiosissima, traditrice sostanza cremosa. Ma la vera traditrice, alla fine, sono io. Inutile incolpare cose innocenti -beh, non così innocenti- come il cibo. Il vero flagello, la calamità, il disastro, sono io e la mia mente stupida e poco volenterosa. Devo migliorare. Oggi mi sto mantenendo abbastanza bene. Solo lenticchie bollite a pranzo, e basta. Stasera cerco di digiunare, dato che vado al cinema e posso far finta di mangiare lì. Ahnocazzo, è alle dieci di sera. Quindi ho il tempo per mangiare..mi inventerò qualcosa.

L.

martedì 22 novembre 2011

~176. It does not do to dwell on dreams and forget to live.

Mi sento costantemente travolta da maree e correnti di differente natura; appena una mi lascia aria per respirare, eccone arrivare un'altra, più grande, più forte, più crudele, a sommergermi di nuovo. E allora respiro acqua, e il petto mi sembra trafitto da mille lame incandescenti, e affogo. Poi c'è l'aria. Il tempo di un fiato e poi giù ancora. Lottare per me è come combattere con la natura stessa. Non ho speranza di distruggere quello che mi ha creata. Posso provarci, certo; nuoto disperatamente, mi affanno, mi stanco, mi sfianco e affondo.

Ma per quanto al mio interno ci sia una guerra di proporzioni planetarie, con tanto di bombe psico-atomiche, la mia vita all'esterno continua, va avanti. Mangio in modo semi-normale, a volte esagerando, ma è qualche giorno che non vomito. Ho preso 8- al compito d'inglese -ma se la professoressa non fosse un'idiota avrei potuto prendere 9-, porto giù il cane, vedo film con  le "amiche" -forse fare meglio a chiamarle compagne-, leggo libri, vedo film e telefilm, ormai quasi solo in inglese, studio con le "amiche". E mi alzo la mattina, che è la cosa più difficile di tutte. Quel momento in cui apri gli occhi non è così terribile. Ma è il secondo dopo che ti  frantuma in brandelli. Quel secondo in cui nella tua mente ritornano schiantandosi tutti i motivi per cui NON ti vuoi alzare dal letto, e per cui sarebbe infinitamente meglio rimanere lì, chiudere gli occhi e non vivere più. Non trovo ragioni per uscire di casa. Vedere e cosiddette amiche mi fa stare male, perché più ci sto più mi rendo conto di non esserci davvero e di quanto loro siano andate vadano avanti senza di me. Allora mi trattengo nei sogni, quei pochi che ancora mantengo. Ma disse Albus Percival Wulfric Brian Dumbledore, o Silente:

"It does not do to dwell on dreams and forget to live."
"Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere."

Ma dimenticare ciò che ci tortura è l'unica via d'uscita, oltre alla morte.
E io non so che fare, e non ho nessuno con cui parlare.

L.

sabato 19 novembre 2011

~175. I hate parties.

Avrei voluto postare già ieri, ma è stata una giornata talmente di cavolo che non ho avuto neanche la forza di scrivere. Che novità.
Comunque, riassumendo:
Giovedì non è successo niente di che; non sono andata a scuola perché teoricamente volevo manifestare, ma avevo mal di testa forte. Prendo la sinusite appena inizia a raffreddarsi la temperatura. Ho fatto tre areosol ed è migliorata. Poi dovevo andare ad un seminario e dalla dottoressa. Ma non sono riuscita a studiare per il giorno dopo, quindi ho avvisato sul gruppo della classe che non sarei andata, come facciamo sempre. Allora mi chiama G, tutta allamrata: "Là., ma domani non vieni??? Dovevi offrirti in arte!" Io: "Eh? No!!" E lei tutta scagata che mi dice come me lo stavano dicendo da una settimana, e io a ribadire che ogni volta che me lo dicevano dicevo chiaramente che dovevo andare dalla dottoressa e poi partecipare a un seminario per un progetto scolastico. E lei "guarda che solo perché vivi solo nel tuo mondo non vuol dire che non te l'abbiamo detto".
L'ho mandata a fanculo, e le ho chiuso il telefono in faccia.
Dio santissimo, lo so che vivo in un altro mondo il 90% del tempo. Ma TU, VOI, non avete mai fatto nulla per farmi uscire da quel mondo.
Poi mi sono pentita. Mi sono addossata la colpa come sempre. Ho chiesto scusa. Lei non era arrabbiata. Ho letto nel suo non arrabbiarsi la colpa per quello che aveva detto. Non sono certa di aver letto qualcosa di esistente, ma continuo a sperarlo, come un'idiota.
Ieri sono andata a una festa. Cibo, cibo schifoso e vergogna per il mio corpo pesante e grasso.
Ho fumato molto ieri sera.
E ho tirato fuori un'altra poesia, stamattina.

Sono un asteroide.
Gravito intorno a loro,
Mai abbastanza vicina da abbracciarne il fulgore,
O godere del loro calore.
Una fune invisibile mi tiene a distanza costante.
Desidero la luce e bramo il tepore;
Ma non possiedo che poche ore per riflettere
Ciò che loro avranno per sempre.
Dopo
Sono fredda, e sono buia.
Sono roccia vuota senza lacrime.
Sono una notte di gelo senza stelle.
Non c'è vita in me.
Sono morta.


L.

mercoledì 16 novembre 2011

~174. You might laugh, you might frown, walking round London town.

Ieri ho vomitato. Olè.
Riso al sugo, purè di patate e una fetta enorme di pane. Casca la terra, tutti giù nel cesso.
Oggi nutrizionista, e sono appena 200 grammi in meno. Non che non me l'aspettassi. Ma comunque, meglio di niente: almeno non sono uguale,  o peggio ancora, ingrassata. Il dottore dice che è un ottimo segno il fatto che sia in discesa dopo settimane di rincretinimento alimentare. La parola rincretinimento è mia, ovviamente.

Non mi sento in colpa per aver vomitato. Se non l'avessi fatto, probabilmente non sarei neanche questi pochi grammi in meno. Non ne vado neanche fiera. Il giusto. Che poi non è per niente giusto, ma vabbè.

Sto divorando l'ultimo libro di Eragon, sono arrivata dopo le 500 pagine, ed è incredibile col pochissimo tempo che ho. Ma il mio DNA di divoratrice accanita di libri non mente!!
E poi è un libro magistrale.

Mi manca Londra. Da morire. Voglio ritornare lì e sentirmi a casa. Voglio sedermi in un caffè con una tazza bollente di caffè e un libro. Voglio parlare la MIA lingua, la mia bellissima lingua, l'inglese. Voglio essere in quella città bellissima dove a nessuno importa se sei strana. Dove si vestono bene. Dove non vedi ragazze obese con addosso magliette attillate. Lì la gente mi piace di più. Lì ho tutto. Ma quando verrà il momento in cui potrò lasciare questa terra in cui non sono a casa?
Lo so, Londra non è perfetta, ma la sento mia.
Mi fa venire in mente i versi di una canzone di Lily Allen, "LDN" -che starebbe per London-:

"You might laugh, you might frown, walking round London town.
[..]
Sun is in the sky, oh why, oh why, would I wanna be anywhere else?"

Già. Potresti ridere o potresti accigliarti, camminando per la città di Londra. Ma cosa non ha i lati negativi?
Poi: Il sole è nel  cielo, perché, perché, dovrei voler essere da qualche altra parte?
Ah, la mia Londra. Con il sole che splende acquista un'aura magica. Tornerò da te, definitivamente.

Ah, notizia bomba dell'ultim'ora: convinco mio padre ad andare a Budapest a Pasqua; o almeno ci sto provando. I costi non sono alti quindi maybe possiamo farcela. Speriamo! Sperate con me?

L.

lunedì 14 novembre 2011

~173. Green tea and a poem -or two.

Ho ricominciato a bere tè verde, la mattina, senza fare colazione. Sono arrivata fino a pranzo con un semplice caffè macchiato alle undici, e ho mangiato ben 80 gr di pasta con zucca bollita, senza olio. Ok. Posso farcela. Ah, un pezzetto di wafer. Non faccio schifo. Non faccio schifo. Non faccio schifo. Perchè mi faccio così schifo?
Mah.
Sono già arrivata a pag 275 del libro che sto leggendo -vedere a lato e cliccare sull'immagine per informazioni!
Sapevo già che mi sarebbe piaciuto, avendo letto gli altri tre della saga, ma ovviamente lo sto divorando. Anche se non voglio, perché alla fine di questo libro la tetralogia finirà -essendo per l'appunto una tetralogia- e poi? Poi basta. Odio quando finiscono le saghe. Lo adoro e lo odio. Lascia un vuoto dentro, e io ho già abbastanza vuoti dentro da sembrare un pianeta dopo una pioggia di asteroidi. O per usare un termine molto più terra terra, una groviera. O uno scolapasta. Cavoli, abbiamo un sacco di cose con i buchi su questo pianeta. Divagazione insensata finita.

Il mio adoratissimo padre si è rotto un piede. Cioè, non se l'è proprio rotto, si è rotto l'alluce e se l'è lussato. Idiota. Lo so che non è colpa sua. Ma rimane un idiota. Si è fatto male lavorando, insegna ed. fisica. Grr. Ora per una settimana, come minimo, dovrò fare tutto io in questa dannata casa fino a quando arriva mia madre alle sette. Spesa, pulizie, forse anche stirare. Odio farlo. Sarei dovuta nascere nobile. Amo avere le mani morbide, utilizzarle solo per scrivere e girare le pagine dei libri, ma invece temo che prima o poi saranno ruvide come quelle di mia madre. Lo so, lo so, il fatto che siano ruvide indicano che appartengono ad una persona vissuta e sono segno di lavoro. Avete ragione. Ma non mi piacciono. Sono anti-estetiche. E di sicuro io sono ossessionata dall'estetica.

Ho scritto una poesia, oggi in classe, di getto; forse non è una vera e propria poesia ma sono più pensieri raccolti poeticamente. Che poi è la stessa cosa. O no. Non sono una grande conoscente di queste cose tecniche. Non mi importa. Io butto giù quello che ho dentro al momento, non mi soffermo sulla forma, non eccessivamente. Tranne quando non ho niente da fare e il professore spiega filosofia. Allora posso creare una poesia insensata e rimata su una finestra:

Oh finestra
Che immobil giaci alla mia destra
Indovini ciò che mi passa per la testa
Mentre ti osservo fissa, tutta mesta?
Quali storie, gioie o giorni tetri
Son passati col tempo pei tuoi vetri?
Se solo mi potessi raccontare
Quanti per te poterono guardare
Ciò che accadeva fuori dalla gabbia
In cui ogni giorno si ritrovavano con rabbia?
Chissà se poi qualcun ha fantasticato
Su quel, come me, che tu, finestra, hai guardato!

Un ringraziamento alla mia musa ispiratrice: la finestra seicentesca enorme del secondo piano della mia scuola.
E alla noia infinita creata dal deficiente che ho per professore.

Invece quello che ho scritto oggi è:

Combatto
Uno struggimento di sangue e lamenti
La speranza è il mio scudo
Affila la mia lama
Ed è sì l'ultima a morire
Ma per prima crollo io
E senza me stessa non ho speranza
Perdo ogni arma
E cado nel buio.

L.

sabato 12 novembre 2011

~172. I'm double -by all means.

Oggi ho mangiato più di quanto dovessi. Dannate amiche e dannati pancakes. E dannata nutella. Ma non avrei potuto starmene semplicemente a casa a mangiare mandarini? Schifosa Laura, schifosissima Laura. Non merito neanche la lettera maiuscola: laura. Perchè non sono una persona, sono un miserabile oggetto sotto il potere di un mostro. Che quel mostro sia io, beh, non cambia niente.
Non so cosa sto aspettando. Non so perché non reagisco e non mi metto in testa che così finirò solo in due posti: una bara, o una clinica psichiatrica. L'unica cosa che mi infastidisce della clinica psichiatrica, è che non so come funzionerebbe con la scuola: e so che se perdessi anni, nel remoto caso di una guarigione ne sarei devastata. Quanto alla bara, niente da obiettare.
Nella mia mente ci sono due voci: una mi urla "è tutto finito, finisci te stessa!" e l'altra "ma che te ne importa? Lasciati perdere." E io ascolto un po' l'una, un po' l'altra, oscillando tra disperazione totale e vuoto assoluto.
I miei si preoccupano, e io li odio per questo. Perché se solo mi lasciassero andare sarebbe tutto molto più semplice.

Non ho il coraggio di postare un diario alimentare.
L.

venerdì 11 novembre 2011

~171. Everytime she closed her eyes.

Ho dormito a intermittenza dalle 6 di ieri sera, fino alle due di oggi pomeriggio. Non sono andata a scuola. Versione ufficiale, mal di testa. Realtà, incapacità totale di alzarmi e vivere. Ho tentato, con una seduta insieme ai miei ieri dalla psicologa, di smettere di andare, spacciandomi per una ragazza equilibrata e guarita. Non ci sono cascati. Però non hanno compreso la gravità enorme della cosa. Credono che sia sulla via della guarigione. Anche io credo di esserlo. Ma la percorro al contrario, verso il baratro, invece di allontanarmene.
Oggi pomeriggio però sono uscita: sono andata fino al Vomero -un quartiere- dove sta la Fnac, e ho comprato l'ultimo libro della saga di Eragon, uscito ieri: Inheritance. Credo che il mio sguardo vacuo spaventi le persone. Mi guardano in modo strano. Ma chi se ne frega.
Non voglio più andare dalla psichiatra/psicologa. Tanto è inutile, perchè spendere 320 euro al mese?
Con quella somma i miei occhi diventano a forma di cyclette, buste di Zara e H&M, e libri. Senza mettere i soldi di quelle merde di psicofarmaci. Sono un fantoccio che cammina. Che poi non fanno neanche effetto: infatti, sto colpendo un basso di quelli storici. La mia crisi interna raggiunge i livelli di quella mondiale. Purtroppo governo la mia mente bene quanto Berlusconi l'Italia. Ho detto tutto.

Oggi mi è arrivato Mylo Xyloto. Il nuovo CD dei Coldplay. Che armonia. Che parole. Che melodie. Aaah, sono sempre grandiosi e mi riempiono il cuore di note inesprimibili.

Sono rimasta allo stesso peso dopo due settimane di grasse abbuffate. Strano.
Devo dimagrire. Ma vivo in uno stato talmente inerziale che mangio solo quello che mi mettono a tavola. Niente più niente meno. Quindi forse qualcosa perdo.

Ogni volta che chiudo gli occhi vedo una dolcissima morte. Pace.

L.

mercoledì 9 novembre 2011

~170. I wanna drown my sorrow, no tomorrow.

Muoio.
Muoio.
Muoio.
Mi rialzo a fatica dopo nove ore di sonno, per morire nuovamente durante la giornata.
Piango mentre cammino, piango mentre scrivo, mi fa male il petto, il dolore mi stringe in una morsa infallibile dalla quale non posso scappare.
Non sono sensazioni nuove, nè lo sono le parole con cui le descrivo, ma l'effetto che hanno su di me non diminuisce mai. La consapevolezza di essere profondamente sola ritorna con tutta la sua forza devastante.
Come ho potuto sperare?
Come ho potuto permettermi di lasciare che la speranza, la vana, fragile speranza, facesse breccia nel mio cuore nero?
Dovevo saperlo: niente potrà mai cambiare. Sola sono, ero, e rimarrò.
Se non sono io a rivolgere la parola alle mie cosiddette amiche, loro non lo fanno. Se non chiamo, non alzano il telefono. Se non scrivo, non muovono un dito per farlo. Se non ci fossi la loro vita non cambierebbe di una virgola. Forse per qualche giorno rimarrebbero a pensare, "come ha potuto farlo? Era messa così male?", poi però andrebbero avanti, perchè hanno persone a cui appoggiarsi. Io no.
Non ho nessuno per parlare, per dire che va tutto male, che è tutto un inferno, che brucio nelle fiamme della depressione totale. La solitudine moltiplica ogni pugnale conficcato nel mio corpo, e li rende incandescenti e avvelenati. Anche quando il dolore sembra calmarsi, le rimanenze del veleno del pensiero si fanno strada lungo le vene, fino ad arrivare al cuore. E lo congelano, lo spaccano, ne prendono possesso e lo fanno a pezzi.
I pensieri suicidi sono sempre più presenti.
I più presenti sono quelli con gli psicofarmaci. Oh, ne ho tanti a casa, e sono sola fino alle sette.. Avrei il tempo di uccidermi prima che qualcuno se ne renda conto. Quando chiamando a casa, non troveranno risposta, sarà troppo tardi perchè io possa essere salvata.
E la pace, la pace. Il nulla, la morte. Desidero solo avere pace. L'unica cosa che mi è negata. Forse non proprio l'unica, ma la più importante: se avessi pace dimagrirei con calma e in modo sano, se avessi pace riuscirei a studiare senza problemi, se avessi pace potrei ritornare ad avere amiche, che mi descrivono come "fuori dal mondo, tra le nuvole (tra le nuvole? Ma io sono all'inferno), e parallela". Così mi vedono, come una persona irraggiungibile. Forse lo sono davvero. Ma non desidero altro che essere raggiunta, e loro di sicuro non tendono la mano. Io ci provo, ci provo spesso. Ma loro non accolgono il tentativo. Sono senza speranza, sono senza speranza. Non riesco a parlarne con la dottoressa. Che novità. Ho chiesto di diminuire le sedute per pagare le lezioni di canto. Vuole una seduta insieme ai miei, la prossima settimana. Ci devo riuscire. Tanto è inutile andarci. Sto muta l'intero tempo, a guardarla e  a fare osservazioni sui quadri che ha nello studio.
Ho molto altro da dire. Ma non ho la forza per farlo, e voi non avreste la forza per leggerlo. Therefore, perciò, chiudo qui.
Non morirò, non ancora. Non sono abbastanza coraggiosa.
L.